La crisi nella coppia di fatto

I rapporti che si instaurano all’interno di una famiglia di fatto hanno i medesimi contenuti morali e materiali del legame tra genitori e figli  facenti parte di una famiglia legittima. Ne consegue che in caso di rottura della convivenza tra i genitori,  i rapporti tra genitori e figli siano essi legittimi o naturali, dovranno regolarsi in termini identici, sia per l’affidamento che per il mantenimento.

L’art. 4 della legge 54/2006 prevede che le disposizioni in materia di affidamento condiviso dei figli si applicano anche ai procedimenti relativi ai figli dei genitori non coniugati.  La legge pertanto assimila la posizione dei figli naturali a quelli nati nel matrimonio quanto al loro affidamento, rendendo applicabili per l’ipotesi della crisi della coppia genitoriale non coniugata le regole introdotte per la separazione ed il divorzio. Di conseguenza le norme sull’affidamento dei figli, l’esercizio della potestà genitoriale, l’assegnazione della casa familiare e il contributo per il mantenimento degli artt. 155, 155 bis, 155 ter,155 quater e 155 sexies  c.c. sono applicabili anche alle situazioni di rottura delle coppie di fatto con figli minorenni.

La regola generale, introdotta dalla legge 54/06, è quella dell’affidamento congiunto dei minori a entrambi i genitori con esercizio comune della potestà mentre l’affidamento esclusivo,  all’uno o all’altro dei genitori, è l’eccezione che deve essere giustificata da validi e comprovati motivi.  A ogni figlio deve essere assicurato il diritto di intrattenere un rapporto  completo con entrambi i genitori a prescindere da quali siano i rapporti personali fra gli stessi.  Anche nella coppia di fatto il giudice dovrà fare ricorso all’affidamento esclusivo dei minori ad uno soltanto dei genitori,  solo nell’ipotesi in cui l’affido condiviso non sia possibile, con esclusivo riguardo agli interessi dei minori stessi. La regola dell’affido condiviso chiama entrambi i genitori alla responsabilità del loro ruolo paritario nell’impegnarsi a predisporre e attuare un programma concordato per l’educazione e la formazione, la cura e la gestione della prole nel rispetto delle esigenze e delle richieste della stessa.  Ai sensi dell’art. 155, primo comma, c.c. difatti il figlio minore anche in caso di separazione dei genitori ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Per realizzare questa finalità il giudice adotta i provvedimenti  relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa e valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina inoltre i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore.

In conclusione, la legge n. 54 del 2006, dichiarando applicabili ai procedimenti in tema di affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio le regole da essa introdotte per quelli in materia di separazione e divorzio,  va ad assimilare la posizione dei figli di genitori non coniugati a quella dei figli legittimi.   Pertanto se una famiglia di fatto, si “scioglie”, la disciplina dell’affidamento dei figli naturali dovrà essere regolata, ai sensi dell’art. 4, comma 2, legge 54/2006, dalle disposizioni previste dalla nuova normativa.  In questo caso però la competenza a giudicare spetterà al Tribunale dei Minorenni e non al Tribunale Ordinario. Il Tribunale per i Minorenni adotterà tutti i provvedimenti nell’interesse dei figli naturali,  in caso di interruzione della convivenza dei genitori, i quali potranno richiedere l’affido condiviso dei figli.

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